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domenica 17 luglio 2016

IL LIBERALISMO E LE CRISI DEL CAMBIARE , di Raffaello Morelli



L'articolo dell'economista della sinistra cattolica Grassini  "Il liberalismo scaricato dai liberali",  è l'ennesimo grido di dolore di chi non riesce a capacitarsi dell'inesistenza di terapie fisse per affrontare le cose del mondo. L'occasione è constatare che molti chiedono interventi per ridurre le diseguaglianze nelle retribuzioni: dal giornale di matrice liberale The Economist (non si è fatto abbastanza per aiutare quelli restati indietro con la globalizzazione), ai programmi esposti sia dalla progressista Clinton che dalla conservatrice May (ambedue critiche del capitalismo finanziario).

Grassini dubita molto che ridurre la forbice tra le retribuzioni tra i massimi dirigenti e i dipendenti al 10-15% di quella attuale, possa ridurre i rischi dei meno abbienti. E ciò perché restano comunque aperte questioni  operative di rilievo ed in particolare le due principali, i valori e la solidarietà, che, secondo il professore, ci sarebbero tra la gente ma non tra i dirigenti, che si dilaniano con gli avversari. Così Grassini conclude "non è vero quel che diceva il padre intellettuale del liberalismo Adamo Smith, che la ricerca dell'interesse personale porta al bene collettivo".

Il nodo sta qui. Tre secoli dopo Adam Smith, l'esperienza ha confermato in pieno la sua indicazione e mostrato che adottandola l'umanità ha compiuto passi avanti notevoli. Insomma,  a portare il bene collettivo  non è il potere (che all'epoca di Smith era l'unico sistema di convivere) bensì la ricerca dell'interesse personale di ciascun convivente. Attenzione, assumere tale criterio equivale ad abbandonare ogni aspirazione a modelli sganciati dai fatti e definitivi ed inoltre a dedicare molte energie ad escogitare le regole  di vario genere più funzionali a consentire che quegli interessi (dato che gli individui sono diversi e moltissimi) possano al meglio esprimersi, relazionarsi ed anche essere soggetti alle valutazioni  altrui circa i loro effetti.

Dunque, i non liberali non devono preoccuparsi che i liberali scarichino il liberalismo. Preoccuparsi sarebbe giustificato se non valesse il principio di Adam Smith e anche i liberali ricercassero  un modello sicuro e definitivo. Ma i liberali sono ben consapevoli che un modello di questo tipo non può esistere e che gli interessi individuali sono connaturati con la crisi dell'incessante cambiare al passar del tempo. Per i liberali, ogni struttura – istituzionale, economico finanziaria, sociale, formativa dei singoli cittadini – è soggetta ad evolvere. Il problema civile è accompagnare questo evolvere in modo che restino sempre rispettate le condizioni libere di relazionarsi e di effettuare le scelte con un voto a testa valutando i risultati. In ciò sta il valore del conflitto democratico e il senso della solidarietà.

Non a caso il non liberale prof. Guazzini, nella chiusura, ventila che il problema è degli altri. "In tanti hanno cercato, senza riuscirci, vie alternative (ad Adamo Smith, ndr). Molti, vedi Marx, hanno prodotto solo disastri. Speriamo che questa volta vada meglio". Appunto. Non può andare meglio se non si accetta il criterio del metodo liberale della convivenza governata dalle iniziative e dalle scelte individuali.




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