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lunedì 17 gennaio 2011

STATUA DELLA MADONNA IN PORTO : intervento di Raffaello Morelli su La Nazione del 17.01.11 (il testo contiene anche alcuni passaggi non pubblicati)

LA STATUA NO IL QUADRO SI

LA QUESTI0NE statua della Madonna in Porto è surreale. Si discute una proposta ancora indefinita in parti «artistiche» e che incide fortemente sul territorio demaniale, senza risulti vi sia stata una decisione preliminare sul posizionarla da parte degli organi dello Stato competenti, la Port Authority e la Capitaneria di Porto. Il problema non è da poco. Per l'insieme dei cittadini livornesi - non solo di quella parte di credenti cattolici che pare volerla- investe i criteri stessi della convivenza. Difatti, se l'idea di esporre una statua della Madonna riguardasse un terreno privato da cui mostrarla, vi sarebbe il pieno diritto di realizzarla e nessuno potrebbe e dovrebbe eccepire. Se invece si vuol piazzare lo stesso simbolo religioso su un terreno demaniale, il problema per la convivenza esiste. Eccome. La Corte Costituzionale ha sancito la laicità dello Stato e perciò lo Stato non può adottare un particolare simbolo religioso. Questo avverrebbe piazzando su un terreno demaniale la statua della Madonna, cioè di una figura centrale del culto cattolico, non di tutti gli altri culti cristiani né di altre religioni.
Sarebbe impossibile trasformare la statua in un indistinto segnale ecumenico di saluto ai naviganti, servirebbe solo a turbare la convivenza religiosa in città tra credenti diversi. Tutti sappiamo che Livorno non è un luogo di esclusiva religione cattolica e che  vi si sono  sempre praticate molte religioni. Tra l'altro, dopo il Concilio Vaticano II, i vari Pontefici hanno fino ad oggi riaffermato una linea pastorale non impositiva, come mostrano di aver ben compreso i numerosi interventi sui giornali di tanti cattolici praticanti, in sostanza contrari al ventilato progetto . Quindi la statua in porto sarebbe un turbamento alla convivenza gratuito anche da quel punto di vista. Diverso sarebbe se gli stessi privati fautori della statua volessero riprendere la tradizione secondo cui è esistita per decenni la Madonna del Saluto, un quadro ospitato all'ingresso del Mediceo distrutto poi dalle bombe. Ripristinare ciò dopo 70 anni avrebbe una logica. Per rispettare la tradizione andrebbe ricostruito il quadro dove e come era. Non avrebbe senso storico trasformare un dipinto si presume di neppure un metro quadro in un manufatto dai 15 ai 20 metri cubi. Così facendo, inoltre, la quasi la totalità dei settantamila euro raccolti dai privati (non voglio neppure pensare che vi sarebbero finanziamenti pubblici) potrebbero andare ad opere sociali in Livorno. Cosa non da poco, con questi lumi di luna, per credenti e non credenti. E per di più sarebbe un modo concreto di non turbare la convivenza religiosa. Una celebrazione adeguata del 150° anniversario del principio cavouriano della separazione tra Stato e religioni. 
*federazione dei liberali

lunedì 10 gennaio 2011

Chi emargina la religione?

Secondo l'Ansa il Papa ha definito come una "manifestazione dell'emarginazione della religione e, in particolare, del cristianesimo" il fatto di "bandire dalla vita pubblica feste e simboli religiosi, in nome del rispetto nei confronti di quanti appartengono ad altre religioni o di coloro che non credono".
"Agendo così ", ha aggiunto Ratzinger parlando ai diplomatici accreditati presso il Vaticano," non soltanto si limita il diritto dei credenti all'espressione pubblica della loro fede, ma si tagliano anche radici culturali che alimentano l'identità profonda e la coesione sociale di numerose nazioni".
Poichè nello stesso discorso egli ha ringraziato il Governo italiano ed altri schieratisi contro la sentenza europea sul Crocifisso,parrebbe lecito supporre che  ci si riferisca preminentemente ai simboli cattolici,peraltro facendo legittimamente  il "mestiere" di capo della Chiesa.
Non è chiaro, pensando alle democrazie, a chi venga rivolta l'accusa ma è Interessante constatare come anche al Papa si ponga il dilemma di quale via debba prendere una società ritenuta evidentemente laica.
Capisco,non concordando modestamente,che egli respinga l'idea di una società aperta che si rende totalmente neutrale ad ogni influsso religioso (cosa ben diversa dal divenire antireligiosa) ma l'alternativa in subordine non può essere quella di una società nella quale vi siano simboli preminenti ed altri "tollerati".
Liberi simboli in liberi Stati,si potrebbe quindi  dire parafrasando Cavour ,purchè però il principio valga per tutti.
Gadi Polacco


giovedì 6 gennaio 2011

Mondo del lavoro che cambia ,ma non tutti sembrano volerlo capire o riescono a farlo

Gli articoli di due economisti,  Volpi e Paoli, trattano questioni diverse ma hanno in comune un preoccupato stupore per la svolta nel mondo contrattuale. Volpi scrive che Marchionne  usa "la strategia degli ultimatum al sindacato e alla politica" e che la Lega usa "ruvide espressioni in tema di federalismo perché venga approvato entro fine gennaio, altrimenti le elezioni saranno inevitabili".  Paoli scrive che nella vicenda Fiat "è inaccettabile escludere chi non firma gli accordi dalla rappresentanza sindacale". 

E' corretto constatare che la linea Marchionne  ha innescato nei rapporti industriali ( con ricadute politiche) un cambio di clima rispetto a sistemi produttivi incapaci di stare al passo della globalizzazione. Ed è anche corretto mostrare preoccupazione per quanto si va profilando. Solo che il motivo della preoccupazione dovrebbe essere la mancanza di risposte adeguate alle problematiche emergenti, non la dispiaciuta nostalgia per il vecchio sistema che viene  spazzato via. 

Preoccupante è che, durante una crisi economica non banale e perdurante, sindacati  emblematici e gruppi della sinistra rilevanti sappiano reagire solo con il no di principio ad una proposta di investimento molto consistente corredata da condizioni insolite per gli usi italiani  ma di per sé non inedite né prive di efficacia rispetto alla questione produttività. 

Volpi scrive che gli ultimatum "ambiscono a trasformare a colpi di accetta un paese molto fragile, usando le parole davvero come pietre". Solo che la fragilità italiana sta appunto nella difficoltà di una sua parte consistente nel concepire la necessità di mutamento, difficoltà che si traduce in resistenza conservatrice. Quando la mamma  indora ogni pillola, poi il malato si turba se qualcuno gli dice le cose come stanno. E Paoli scrive che escludere chi non firma gli accordi attiva "il rischio di innalzare la conflittualità in proporzione alla capacità rappresentativa reale dei sindacati esclusi". Solo che l'art.19 dello Statuto dei Lavoratori stabilisce che "rappresentanze sindacali aziendali possono essere costituite ad iniziativa dei lavoratori in ogni unità produttiva, nell'ambito delle associazioni sindacali che siano firmatarie di contratti collettivi di lavoro applicati nell'unità produttiva". E questo vale dal 1995, dopo il ritocco  referendario con sei milioni di voti di scarto. Assurda è perciò la conflittualità sul punto e non il far fare le RSU solo a chi ha firmato il contratto (semmai è discutibile che siano i sindacati firmatari a scegliere i rappresentanti e non tutti i loro iscritti).

Insomma, i NO non rispondono alla globalizzazione. Preoccupante è la resistenza a rivedere le relazioni industriali. Specie quando lampeggia la ripresa dell’inflazione, che è una tassa sui più deboli e dovrebbe impensierire la sinistra che vorrebbe rappresentarli.


Raffaello Morelli

lunedì 3 gennaio 2011

Le osservazioni politiche del direttore generale dell'ASL

Chiamata in causa dal Cons. Taradash che ne chiede la rimozione,accusandola in relazione al caso Spinelli di "discriminazione politica",la dott.sa Calamai, Direttore Generale dell'ASL di Livorno,ha ovviamente tutto il diritto di dire la sua e di difendersi.
Come pero' accadde gia' nei suoi commenti a seguito del referendum sull'ubicazione del nuovo ospedale,ha la tendenza ad infervorarsi politicamente oltre misura,immedesimandosi evidentemente in una precisa area politica.
Se cio' e' indiscutibilmente legittimo quale cittadina,nelle vesti di alto dirigente pubblico dovrebbe astenersi, a nostro parere, da commenti prettamente politici che possiamo anche condividere (ad esempio sul berlusconismo dal quale siamo immuni alla pari dell'antiberlusconismo) ma che non si addicono ad un tecnico.
Cio' a tutela della credibilita' dell'ente che guida salvo,come e' suo diritto, lasciare quel ruolo e gettarsi nel campo politico insieme ai "calamaini" che vorranno seguirla.
Federazione dei Liberali
www.liberalivorno.blogspot.com
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