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martedì 16 giugno 2009

Votare non andando a votare per battere il Referendum Elettorale 2009 che non farebbe altro che peggiorare ulteriormente l'attuale legge elettorale significativamente detta "porcellum"!

*www.battilo.it*

Basta leggere i quesiti referendari per rilevare la loro pericolosità
istituzionale e il grave disegno sottostante (neppur dissimulato) che
hanno i Promotori. Il Referendum, se approvato, lascia immutato lo
scippo delle preferenze all'elettore, ma in compenso innova, tornando
alla legge mussoliniana, col dare uno spropositato e incondizionato
premio di maggioranza al primo partito. Non più alla coalizione come è
oggi. E questa abrogazione entrerebbe subito in vigore, senza bisogno di
ulteriori ritocchi in Parlamento, sia perché così stabilisce la legge
sia perché lo ha già dichiarato il Popolo della Libertà.


I promotori cercano di sostenere che il premio di maggioranza può
esserci con la legge attuale. Non è così. I dati delle politiche 2008 e
ora delle Europee, mostrano che, oggi, se il PDL lasciasse la Lega, la
contromossa, per opporsi, sarebbe facile. Oggi il premio è alla
coalizione e se ne possono fare molte di coalizioni per escludere
Berlusconi dal premio di maggioranza; viceversa, se fosse approvato il
referendum elettorale, il premio andrebbe al primo partito, e in quel
caso non sarebbe possibile, per incompatibilità politica, fare una lista
unica degli altri partiti col programma unico di legge. In pratica con
il 35,2 dei voti, il Popolo della Libertà da solo avrebbe assicurato il
55% dei seggi.


I Promotori del referendum tentano anche un'altra giustificazione.
Asseriscono che in altri paesi, con il 30% / 35% dei voti si può
ottenere la maggioranza dei seggi. Un simile esempio è un tentativo di
raggiro, perché il sistema inglese ( o l'americano) e quello italiano
non sono affatto paragonabili. Nel senso che in Inghilterra ( o in
America) il sistema elettorale non è proporzionale, bensì maggioritario
di collegio, e dunque non esiste il premio di maggioranza voluto dal
Referendum Elettorale e viene mantenuto il legame tra ogni eletto e il
suo collegio, che in Italia è stato cancellato.


Il disegno politico sottostante, che emerge dalle dichiarazioni dei
Promotori, è quello di insidiare il pluralismo. Il referendum, dicono,
rafforzerebbe la prospettiva bipartitica contro il proporzionale, per
cui opporsi al referendum equivarrebbe ad essere per il proporzionale.
Invece non è per nulla vero che chi non è per il bipartitismo
automaticamente sia per il proporzionale. La vera alternativa non è tra
bipartitismo ( o bipolarismo strutturato) e proporzionale, bensì tra
bipartitismo e pluralismo.


I Promotori dicono che i partiti resterebbero due e che non arriveremmo
al partito unico. Solo che loro, con i passati comportamenti e con le
prospettive enunciate , puntano al bipartitismo tra due partiti
essenzialmente di potere e sempre meno di progetto. Così corrodono il
pluralismo che è un sistema di confronto e di dibattito senza sosta. Il
pluralismo non si viola adottando un metodo elettorale maggioritario di
collegio ma si viola rinunciando al conflitto democratico tra tanti per
selezionare progressivamente le proposte per la convivenza. Abbandonando
questa via di libera e controversa costruzione del progetto al di fuori
del conformismo, si rimpiazzano le coalizioni per governare con le
ammucchiate per primeggiare comunque e si lascia campo libero ai ricatti
dei nanetti invece che al conflitto tra le idee anche di quelli che in
partenza sembrano avere pochi sostenitori. Da qui la logica del tentato
inciucio e del voto utile per costruire l'egemonia nelle rispettive
aree, del PdL e del PD. Sempre più non sopportano il pluralismo come
metodo per selezionare progressivamente le proposte per la convivenza.
Per questo vogliono il bipartitismo.


L'idea bipartitica è stata sconfitta duramente nel voto in Europa e in
Italia. E' l'ora di assestare un ulteriore colpo a chi insidia il
pluralismo, battendo il referendum elettorale. E batterlo con il sistema
del nostro slogan, VOTO CON IL NON VOTO. Significa applicare
l'art.75,comma 4 della Costituzione, che distingue non a caso tra i
referendum abrogativi e altri tipi di consultazioni elettorali. Nei
referendum abrogativi non si parte da zero in una gara aperta ma si
sottopone a giudizio popolare la proposta di cambiare una norma già
approvata dal Parlamento. Allora, tale norma può essere modificata solo
se partecipa al voto la maggioranza degli elettori, non una minoranza.
Dunque chi non vota il 21-22 giugno , non si astiene affatto, ma esprime
in modo rafforzato la propria contrarietà a peggiorare una legge già
pessima.


*Raffaello Morelli*

*Comitato Batti il Referendum Elettorale*

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