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lunedì 3 dicembre 2018

giovedì 15 novembre 2018

IL TIRRENO : RAV GIUSEPPE LARAS,zl,A UN ANNO DALLA SCOMPARSA SECONDO IL CALENDARIO CIVILE

Ringrazio IL TIRRENO per l'ospitalità data, oggi 15 novembre, a questo semplice ma sincero ricordo di Rav Giuseppe Josef Laras,zl, ricorrendo un anno dalla sua scomparsa terrena,secondo il calendario civile.

La Comunità Ebraica di Livorno, con due iniziative di studio e preghiera, lo ha ricordato nei giorni scorsi, nell'anniversario secondo il calendario ebraico (lunare).

Gadi Polacco


Nell'anniversario della scomparsa del prof. Giuseppe Laras, ex rabbino di Livorno e figura di rilevanza nazionale nel mondo ebraico, Gadi Polacco, blogger di "Comunitando", lo ricorda sul Tirreno.

«Quando a fine estate del 1968 giunsi a Livorno per assumere il Rabbinato di quella comunità,che era stata la comunità di origine della mia famiglia paterna, era trascorso già un anno dalla scomparsa di Rav Bruno Ghereshon Polacco (z.l.). La sua mancanza veniva avvertita nella comunità in modo indiretto e diretto: sia, cioè, in quella sorta di smarrimento, che è tipica della comunità rimasta a lungo priva di una guida religiosa, sia più esplicitamente nelle espressioni di affetto e rimpianto che si ascoltavano da parte di molti membri della comunità». Con queste parole, scritte per il 40° della scomparsa terrena del suo predecessore, il rabbino Laras, torinese, sintetizzava lo stato d'animo dell'ebraismo livornese del quale assumeva la guida.

FIGURA DI RIFERIMENTO

Si tratterrà poi a Livorno sino al 1980, quando verrà chiamato ad assumere la massima carica rabbinica presso la Comunità di Milano: per anni Presidente dell'Assemblea Rabbinica Italiana, alla guida del Tribunale Rabbinico del Centro-Nord Italia , per sette anni direttore del Collegio Rabbinico Italiano e Presidente del Comitato Scientifico della Fondazione Culturale Maimonide è stato anche docente emerito di Storia del Pensiero Ebraico all'Università di Milano.Nei suoi maestri si ritrovano grandi nomi della cultura ebraica italiana e internazionale, compreso il livornese Elia Benamozegh, rabbino e filosofo.Se imponente era il suo spessore ebraico non da meno era la sua formazione culturale "laica" che annovera due lauree, in legge e filosofia e pedagogia.Insignito nel 2005 dell'Ambrogino d'oro, sono decine le sue opere editoriali che toccano numerose tematiche del pensiero e dell'etica ebraica, non tralasciando di affrontare la tematica del rapporto tra le religioni: diresse anche per anni la Rassegna Mensile di Israel e numerosi sono i suoi saggi e articoli.Coniugato con Wally Rabello ha avuto tre figli, Yardena, Corrado e Raffaele ( quest'ultimo il livornese della famiglia...). Imponente anche nella figura e apparentemente molto riservato (in realtà ci voleva poco per scoprire una personalità aperta e dotata di fine senso ironico), dinanzi alla sintesi biografica della sua vita si potrebbe pensare a una personalità distaccata dalla realtà e chiusa nel suo elevato mondo culturale, ma così non è stato.Il suo operare come rabbino, come è lecito attendersi da una guida spirituale, era attento alle persone e ai loro problemi, improntato altresì all'operare nel campo educativo e dell'insegnamento che lo portava, con un senso di laicità delle istituzioni sul quale spesso insisterà nei suoi interventi, a recarsi anche nelle scuole pubbliche a insegnare, significativamente, materie ebraiche agli alunni ebrei che le frequentavano (la scuola ebraica terminava con la licenza elementare).IL

DIALOGO FRA LE RELIGIONI

Centrale nella sua biografia l'attenzione al dialogo interreligioso che, a Livorno, lo vedrà stringere un'amicizia profonda con monsignor Alberto Ablondi che non si esaurirà con il trasferimento a Milano, città nella quale quest'opera continuerà con un intenso rapporto con il cardinale Carlo Maria Martini e altri personaggi di spicco della Chiesa cattolica e di altre fedi.Prezioso è quindi l'insegnamento che lascia anche in tema di dialogo tra le religioni, inteso come aperto ma mai subalterno, a salvaguardia dell'ortodossia ebraica che seppe interpretare secondo la grande e plurisecolare scuola italiana: nell'ambito del dialogo non mancò pertanto, quando ciò apparve necessario, assumere anche posizioni di forte critica o di denuncia dinanzi ad ambiguità palesatesi."Figlio della Shoà", tema pure spesso affrontato, toccante rimane la sua testimonianza circa la traumatica separazione che subì, da bambino durante le persecuzioni nazifasciste, dalla madre che non rivedrà più. Appartenente quindi alla generazione che ha potuto vedere gli orrori della Shoà, poté anche assistere alla rinascita dell'ebraismo italiano e alla creazione dello Stato d'Israele per la difesa delle ragioni del quale sempre si batté apertamente, trovando anche modo di presiedere per anni la Federazione Sionistica Italiana: le sue spoglie riposano nel cimitero israeliano di Raanana.Livorno, per l'origjne della sua famiglia e per l'esperienza fatta operandovi, propedeutica alla grande carriera poi sviluppatasi, gli è sempre rimasta nel cuore e mai ha mancato, quando ne ha avuto modo, di tornarvi.

L'INCONTRO A MILANO

Andandolo a visitare a Milano, pochi mesi prima della sua scomparsa terrena, chiese notizie circostanziate di persone e della vita della Comunità e della città. Nell'atto di congedarmi da lui gli rinnovai, come spesso era avvenuto negli anni, l'auspicio di averlo nuovamente in visita a Livorno : con la tranquillità interiore che è propria di una mente estremamente elevata e forte nelle proprie convinzioni, disse con rammarico "non credo che sarà possibile" ma insistette per inviare i suoi saluti e i suoi auguri, per l'imminente Pasqua Ebraica, alla Comunità.Quale ultimo dono ci ha lasciato un commovente testamento morale di una lucidità e generosità impressionanti, nel quale è riuscito a condensare concetti e auspici con mirabile chiarezza ( lo si può leggere su www.mosaico-cem.it/vita-ebraica/ebraismo/rav-giuseppe-laras-zzl-ci-lasciati- suoi- ultimi-pensieri-suo-testamento-spirituale ).Nella Gemarà (Masechet Berachot 18a) , parte basilare del Talmud, si afferma che i Giusti, i grandi Maestri,si definiscono vivi anche dopo la loro dipartita terrena. Rav Hirsch, insigne commentatore ottocentesco, sottolinea come la vita sia soppesata dalle buone azioni e non dagli anni. Pertanto le vite di coloro le cui buone azioni e gli insegnamenti vivono dopo di loro comportano che questi siano sempre viventi, seppur non più fisicamente presenti. Una massima che ben si addice al Rabbino Laras,sia il suo ricordo per benedizione.

giovedì 2 agosto 2018

EFFETTO VENEZIA 2018 : NO ALLE STRUMENTALIZZAZIONI POLITICHE MA ANCHE AI DOPPI PESI E ALLE DOPPIE MISURE


L'ormai tradizionale tentativo di strumentalizzare politicamente quella che dovrebbe essere una kermesse cittadina senza colori partitici ha caratterizzato anche l'avvio di Effetto Venezia 2018.

Quest'anno è stato però assai differente l'approccio  della Questura che da ieri mattina ha un nuovo titolare.

Nel 2014, stessa Amministrazione diverse le persone responsabili dell'ordine pubblico, si andò anche troppo delicati e non si rimosse fino a manifestazione conclusa  lo striscione molto duro contro uno stato sovrano, Israele, con il quale l'Italia intrattiene pieni rapporti diplomatici.

Ora  s'interviene  con la massima rapidità e decisione  per il motivo, attribuito in alcuni articoli alla stessa Questura, che lo striscione attaccava PD, Lega e 5S per razzismo e concludeva con le parole "Lega illegale" .

Dunque l'intento della Questura non sarebbe stato di preservare la neutralità di una festa della città rimuovendo provocazioni  con essa contrastanti. 

Eppure questo poteva  essere il solo motivo valido per la rimozione

Qualificare "diffamazione"  un giudizio politico di illegalità sulla Lega (che pure i liberali non condividono)  ci appare politicamente e giuridicamente insostenibile , violando la libertà di espressione costituzionalmente protetta. 

Preservare la neutralità delle festa poteva certamente andar bene, ma applicare due pesi e due misure no : oltretutto il clima della convivenza è stato reso peggiore dall'aver agevolato coloro che non credono all'importanza delle procedure di libertà e vaneggiano  rivendicazioni utopiche.

LIBERALI   LIVORNO

--
Federazione dei Liberali - Livorno
www.liberalivorno.blogspot.com

martedì 19 giugno 2018

LA SOCIETA' APERTA : LA BASE DALLA QUALE RIPARTIRE PER UNA VERA PRESENZA LIBERALE IN ITALIA

L'enorme spessore di questo documento politico, datato 1991, è totalmente integro , attuale e per certi versi avveniristico.
Base ideale per chiunque voglia ripartire con una vera esperienza liberale in Italia, della quale c'è estremo bisogno , senza prefissi,suffissi, trattini alti o bassi, presenze celate all'interno di scomodi contenitori.










 

mercoledì 28 febbraio 2018

Si può votare anche senza scegliere il simbolo. Valutare di votare solo all'uninominale : una proposta liberale per sentirsi meno vessati dall'obbrobrioso sistema elettorale


  Si può votare anche senza scegliere il simbolo valutando anche di votare solo all'uninominale. Far crescere il peso del cittadino nelle decisioni.      (Articolo pubblicato da IL TIRRENO di domenica 5 febbraio 2018, di Raffaello Morelli)      Il dibattito elettorale verte sullo scontro di promesse tra liste coalizzate o no, e magari sui giudizi circa la legge usata (165/2017). Non ci si chiede quale meccanismo abbia il cittadino per manifestare nel voto la sua distanza dalle proposte in gara nonché la sua volontà di scegliere lui stesso direttamente il rappresentante parlamentare. Invece è il tema di maggior rilievo civile.    Per due motivi. Uno è che la 165/2017, novità dal '48, non lega il voto allo scegliere un simbolo: nella parte uninominale della scheda, sia al Senato che alla Camera, spicca il nome del candidato e non c'è un simbolo di riferimento. Tant'è che il candidato accetta la candidatura senza far cenno alla lista per cui si candida e dunque non assume nIl dibattito elettorale verte sullo scontro di promesse tra liste coalizzate o no, e magari sui giudizi circa la legge usata (165/2017). Non ci si chiede quale meccanismo abbia il cittadino per manifestare nel voto la sua distanza dalle proposte in gara nonché la sua volontà di scegliere lui stesso direttamente il rappresentante parlamentare. Invece è il tema di maggior rilievo civile.      Per due motivi. Uno è che la 165/2017, novità dal '48, non lega il voto allo scegliere un simbolo: nella parte uninominale della scheda, sia al Senato che alla Camera, spicca il nome del candidato e non c'è un simbolo di riferimento. Tant'è che il candidato accetta la candidatura senza far cenno alla lista per cui si candida e dunque non assume nessun obbligo verso nessuno. Il secondo motivo è che nell'uninominale il seggio di quel collegio viene assegnato direttamente dai voti ricevuti.    I due motivi congiunti fan sì che all'uninominale il votare un candidato può derivare – nel caso l'elettore lo voglia – dalle caratteristiche dei candidati, dalla credibilità acquisita e dal loro appoggio in Parlamento ai temi preferiti dall'elettore. Non è prevista l'appartenenza ad un simbolo partitico né ad un gruppo parlamentare. Ciò si allinea all'art. 67 della Costituzione ("Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato"), che è il cuore del sistema rappresentativo, poiché si affida alle valutazioni critiche di ciascuno degli eletti e non agli ordini di corpi intermedi. Pertanto, l'esercitare il voto solo all'uninominale e non direttamente al plurinominale (specie se quel candidato non vi figura), è il comportamento più efficace dei cittadini per rimarcare la sovranità nel votare e auspicare leggi per renderla più praticabile.    Al riguardo si fanno due obiezioni. Che il voto nell'uninominale viene attribuito ai simboli a sostegno del candidato e che , quando ciò riguarda più liste, è favorita la lista più grossa cui spetta la quota più alta. Ambedue le obiezioni non toccano le ragioni per votare solo all'uninominale. La prima perché il meccanismo di legge non muta il fatto che il non votare un simbolo significa liberarsi per quanto possibile dalle promesse teoriche dei vari simboli. Votare solo il candidato preferito all'uninominale (più dell'annullare la scheda o votare bianco) mette al centro la libera sovranità del cittadino. Oltretutto, è indelebile l'aver votato solo all'uninominale. E dunque si avvia un percorso che da più peso ai cittadini. La seconda obiezione verte sulla preoccupazione, più che sul voto circoscritto, di sminuire la centralità dei simboli lista (come se la democrazia richiedesse corsie prefissate). Garantiscono il miglior esprimersi del cittadino, non i partitini satelliti bensì i confronti su idee e progetti di governo spinti da leggi pensate non per distribuire il potere ma per favorire la scelta degli indirizzi da attuare e da verificare. Cosa che la 165/2017 non fa e di cui il votare solo all'uninominale avvia la pratica.    Prepararsi al dopo 4 marzo, significa far crescere il peso del cittadino nelle decisioni. A cominciare da una nuova legge elettorale che, liberata dalle manipolazioni, renda praticabile un rapido ritorno al giudizio delle urne.    Il dibattito elettorale verte sullo scontro di promesse tra liste coalizzate o no, e magari sui giudizi circa la legge usata (165/2017). Non ci si chiede quale meccanismo abbia il cittadino per manifestare nel voto la sua distanza dalle proposte in gara nonché la sua volontà di scegliere lui stesso direttamente il rappresentante parlamentare. Invece è il tema di maggior rilievo civile.    Per due motivi. Uno è che la 165/2017, novità dal '48, non lega il voto allo scegliere un simbolo: nella parte uninominale della scheda, sia al Senato che alla Camera, spicca il nome del candidato e non c'è un simbolo di riferimento. Tant'è che il candidato accetta la candidatura senza far cenno alla lista per cui si candida e dunque non assume nessun obbligo verso nessuno. Il secondo motivo è che nell'uninominale il seggio di quel collegio viene assegnato direttamente dai voti ricevuti.    I due motivi congiunti fan sì che all'uninominale il votare un candidato può derivare – nel caso l'elettore lo voglia – dalle caratteristiche dei candidati, dalla credibilità acquisita e dal loro appoggio in Parlamento ai temi preferiti dall'elettore. Non è prevista l'appartenenza ad un simbolo partitico né ad un gruppo parlamentare. Ciò si allinea all'art. 67 della Costituzione ("Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato"), che è il cuore del sistema rappresentativo, poiché si affida alle valutazioni critiche di ciascuno degli eletti e non agli ordini di corpi intermedi. Pertanto, l'esercitare il voto solo all'uninominale e non direttamente al plurinominale (specie se quel candidato non vi figura), è il comportamento più efficace dei cittadini per rimarcare la sovranità nel votare e auspicare leggi per renderla più praticabile.    Al riguardo si fanno due obiezioni. Che il voto nell'uninominale viene attribuito ai simboli a sostegno del candidato e che , quando ciò riguarda più liste, è favorita la lista più grossa cui spetta la quota più alta. Ambedue le obiezioni non toccano le ragioni per votare solo all'uninominale. La prima perché il meccanismo di legge non muta il fatto che il non votare un simbolo significa liberarsi per quanto possibile dalle promesse teoriche dei vari simboli. Votare solo il candidato preferito all'uninominale (più dell'annullare la scheda o votare bianco) mette al centro la libera sovranità del cittadino. Oltretutto, è indelebile l'aver votato solo all'uninominale. E dunque si avvia un percorso che da più peso ai cittadini. La seconda obiezione verte sulla preoccupazione, più che sul voto circoscritto, di sminuire la centralità dei simboli lista (come se la democrazia richiedesse corsie prefissate). Garantiscono il miglior esprimersi del cittadino, non i partitini satelliti bensì i confronti su idee e progetti di governo spinti da leggi pensate non per distribuire il potere ma per favorire la scelta degli indirizzi da attuare e da verificare. Cosa che la 165/2017 non fa e di cui il votare solo all'uninominale avvia la pratica.    Prepararsi al dopo 4 marzo, significa far crescere il peso del cittadino nelle decisioni. A cominciare da una nuova legge elettorale che, liberata dalle manipolazioni, renda praticabile un rapido ritorno al giudizio delle urne.    essun obbligo verso nessuno. Il secondo motivo è che nell'uninominale il seggio di quel collegio viene assegnato direttamente dai voti ricevuti.    I due motivi congiunti fan sì che all'uninominale il votare un candidato può derivare – nel caso l'elettore lo voglia – dalle caratteristiche dei candidati, dalla credibilità acquisita e dal loro appoggio in Parlamento ai temi preferiti dall'elettore. Non è prevista l'appartenenza ad un simbolo partitico né ad un gruppo parlamentare. Ciò si allinea all'art. 67 della Costituzione ("Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato"), che è il cuore del sistema rappresentativo, poiché si affida alle valutazioni critiche di ciascuno degli eletti e non agli ordini di corpi intermedi. Pertanto, l'esercitare il voto solo all'uninominale e non direttamente al plurinominale (specie se quel candidato non vi figura), è il comportamento più efficace dei cittadini per rimarcare la sovranità nel votare e auspicare leggi per renderla più praticabile.    Al riguardo si fanno due obiezioni. Che il voto nell'uninominale viene attribuito ai simboli a sostegno del candidato e che , quando ciò riguarda più liste, è favorita la lista più grossa cui spetta la quota più alta. Ambedue le obiezioni non toccano le ragioni per votare solo all'uninominale. La prima perché il meccanismo di legge non muta il fatto che il non votare un simbolo significa liberarsi per quanto possibile dalle promesse teoriche dei vari simboli. Votare solo il candidato preferito all'uninominale (più dell'annullare la scheda o votare bianco) mette al centro la libera sovranità del cittadino. Oltretutto, è indelebile l'aver votato solo all'uninominale. E dunque si avvia un percorso che da più peso ai cittadini. La seconda obiezione verte sulla preoccupazione, più che sul voto circoscritto, di sminuire la centralità dei simboli lista (come se la democrazia richiedesse corsie prefissate). Garantiscono il miglior esprimersi del cittadino, non i partitini satelliti bensì i confronti su idee e progetti di governo spinti da leggi pensate non per distribuire il potere ma per favorire la scelta degli indirizzi da attuare e da verificare. Cosa che la 165/2017 non fa e di cui il votare solo all'uninominale avvia la pratica.    Prepararsi al dopo 4 marzo, significa far crescere il peso del cittadino nelle decisioni. A cominciare da una nuova legge elettorale che, liberata dalle manipolazioni, renda praticabile un rapido ritorno al giudizio delle urne.    Raffaello Morelli