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venerdì 17 luglio 2009

Simboli religiosi nei luoghi pubblici

Dunque la Cassazione ha rilevato,motivando l'annullamento della pena inflitta dalla Corte d'Appello dell'Aquila al magistrato Luigi Tosti, che la circolare ministeriale del periodo fescista che prevede l'esposizione del crocifisso nelle aule giudiziarie appare "in contrasto con il principio costituzionale di laicità dello Stato": trattasi,si legge tra l'altro, di un "atto amministrativo generale che appare però privo di fondamento normativo e quindi in contrasto con il principio di legalità dell'azione amministrativa".
La questione ,definita dalla Corte "di estrema delicatezza", pare riguardare genericamente "l'esposizione dei simboli religiosi nei luoghi pubblici".
In realtà in una società aperta il problema dovrebbe essere facilmente risolvibile ed anche in maniera da non sollevare polveroni,salvo tentativi di parti estreme di strumentalizzare la questione : ove il diritto alla fede sia garantito, ciascuno è libero di esporre in casa e fuori casa,in auto,portandolo addosso  o quale immagine caricata su qualsiasi supporto informatico il simbolo religioso preferito, tanto per fare solo alcuni esempi.
Nel reciproco rispetto ed in quello delle leggi alle quali tutti i cittadini sono sottoposti, si possono erigere luoghi di culto con ben evidenti i singoli simboli religiosi.
Perchè quindi dover prevedere la presenza  d'ufficio di qualsivoglia simbolo religioso nei luoghi pubblici, nei quali si incrociano i cittadini delle varie fedi alla pari di quelli non credenti?
Il problema nasce quando qualcuno ,cosa più volte affermata in Italia,vuole dare ad un simbolo religioso,nel caso il crocifisso ma il discorso varrebbe anche diversamente,un valore "universale" imponendo una sorta di primato "erga omnes" in un campo dove la singola sensibilità è invece sovrana.
In realtà è questo il punto da superare per giungere finalmente ad una condizione nella quale possano riconoscersi,uguali come la Costituzione li vuole,tutti i cittadini.


Gadi Polacco

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