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giovedì 6 gennaio 2011

Mondo del lavoro che cambia ,ma non tutti sembrano volerlo capire o riescono a farlo

Gli articoli di due economisti,  Volpi e Paoli, trattano questioni diverse ma hanno in comune un preoccupato stupore per la svolta nel mondo contrattuale. Volpi scrive che Marchionne  usa "la strategia degli ultimatum al sindacato e alla politica" e che la Lega usa "ruvide espressioni in tema di federalismo perché venga approvato entro fine gennaio, altrimenti le elezioni saranno inevitabili".  Paoli scrive che nella vicenda Fiat "è inaccettabile escludere chi non firma gli accordi dalla rappresentanza sindacale". 

E' corretto constatare che la linea Marchionne  ha innescato nei rapporti industriali ( con ricadute politiche) un cambio di clima rispetto a sistemi produttivi incapaci di stare al passo della globalizzazione. Ed è anche corretto mostrare preoccupazione per quanto si va profilando. Solo che il motivo della preoccupazione dovrebbe essere la mancanza di risposte adeguate alle problematiche emergenti, non la dispiaciuta nostalgia per il vecchio sistema che viene  spazzato via. 

Preoccupante è che, durante una crisi economica non banale e perdurante, sindacati  emblematici e gruppi della sinistra rilevanti sappiano reagire solo con il no di principio ad una proposta di investimento molto consistente corredata da condizioni insolite per gli usi italiani  ma di per sé non inedite né prive di efficacia rispetto alla questione produttività. 

Volpi scrive che gli ultimatum "ambiscono a trasformare a colpi di accetta un paese molto fragile, usando le parole davvero come pietre". Solo che la fragilità italiana sta appunto nella difficoltà di una sua parte consistente nel concepire la necessità di mutamento, difficoltà che si traduce in resistenza conservatrice. Quando la mamma  indora ogni pillola, poi il malato si turba se qualcuno gli dice le cose come stanno. E Paoli scrive che escludere chi non firma gli accordi attiva "il rischio di innalzare la conflittualità in proporzione alla capacità rappresentativa reale dei sindacati esclusi". Solo che l'art.19 dello Statuto dei Lavoratori stabilisce che "rappresentanze sindacali aziendali possono essere costituite ad iniziativa dei lavoratori in ogni unità produttiva, nell'ambito delle associazioni sindacali che siano firmatarie di contratti collettivi di lavoro applicati nell'unità produttiva". E questo vale dal 1995, dopo il ritocco  referendario con sei milioni di voti di scarto. Assurda è perciò la conflittualità sul punto e non il far fare le RSU solo a chi ha firmato il contratto (semmai è discutibile che siano i sindacati firmatari a scegliere i rappresentanti e non tutti i loro iscritti).

Insomma, i NO non rispondono alla globalizzazione. Preoccupante è la resistenza a rivedere le relazioni industriali. Specie quando lampeggia la ripresa dell’inflazione, che è una tassa sui più deboli e dovrebbe impensierire la sinistra che vorrebbe rappresentarli.


Raffaello Morelli

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